Cos’è il Genio? Instagram!

“Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione.” Una battuta rimasta nella storia del cinema italiano, pronunciata con leggerezza e intelligenza nel film Amici Miei. Ma oggi, nell’epoca dei social, questa definizione mi è penetrata nel cervello quando ho visto uno spot in Tv
Instagram. Un’app nata per condividere foto, oggi trasformata in una delle piattaforme pubblicitarie più potenti del mondo. Ma attenzione: ciò che la rende davvero geniale non è la tecnologia, ma la logica con cui gestisce e presenta il proprio impatto sul mondo.
Instagram (anzi, Meta) guadagna milioni – anzi, miliardi – di dollari all’anno grazie agli annunci sponsorizzati. E fino a qui, tutto bene. Ma di che tipo di annunci parliamo? Soprattutto app da scaricare: trading, giochi d’azzardo legalizzati, corsi lampo che promettono guadagni facili, investimenti in criptovalute, piattaforme per scommettere, sistemi che ti insegnano a diventare imprenditore digitale in 7 giorni.
Il 70-80% delle entrate pubblicitarie arriva da lì. È un fiume d’oro. Una macchina che macina soldi a ciclo continuo. Ma – e qui entra in gioco il genio – a un certo punto qualcuno si pone la domanda che tutti dovrebbero farsi: e i minorenni?
Semplice: l’accesso a queste app, in teoria, è controllato. C’è il check dell’età. Ma chi non sa che basta mettere una data di nascita casuale per superarlo? Chi non ha visto un dodicenne usare una carta prepagata ricaricata dai genitori per iscriversi a qualcosa che non dovrebbe nemmeno conoscere?
E allora Instagram cosa fa? Toglie le pubblicità? Mette una censura? Rinuncia a quel fiume di denaro? Macché. Fa qualcosa di molto, molto più intelligente.
Lancia una campagna di sensibilizzazione.
Mette in piedi uno spot – confezionato benissimo, pieno di buoni sentimenti, immagini rassicuranti, parole chiave come “tutela”, “responsabilità”, “proteggerli” – e lo manda in onda sulle TV nazionali, a pagamento. Pagano per mostrarti quanto tengono alla sicurezza dei più giovani. Un gesto che ha il sapore dell’etica, della premura, della responsabilità sociale.
Eppure, se guardi meglio, capisci la mossa. La genialità non è nello spot, ma in quello che lo spot permette di fare: spostare la responsabilità altrove.
Instagram, in pratica, dice al mondo:
“Noi continuiamo a ospitare queste pubblicità, ma vi chiediamo di prendere provvedimenti. Chiediamo a voi, genitori, insegnanti, politici, legislatori, educatori, di impedire ai minori di cascarci. Noi facciamo la nostra parte: vi abbiamo avvisato.”
Le istituzioni sembrano attivate. Il pubblico applaude. Gli sponsor restano. E l’algoritmo gira.
Ma sotto, sotto, è tutto pensato. Non rinunciano a nulla. Non cambiano niente. Ci limitiamo a dire che c’è un problema, e che qualcun altro dovrebbe risolverlo.
Qui sta il genio. Non il genio tecnico. Non il programmatore brillante. Ma il genio strategico, quello che capisce come muoversi nel caos senza mai sporcarsi le mani.
Ovvero, un imprenditore apra un allevamento di squali nell’Adriatico. Niente gabbie, niente protezioni. Il mare è libero, ma lui ci butta dentro gli squali. Poi fa uno spot dicendo: “Per favore, non fate il bagno. Non mette le gabbie o rinuncia all’allevamento NO! Sensibilizza la popolazione, lo fa a pagamento sulla TV, invita l’Unione Europea a promulgare leggi per far sì che le persone non si buttino in mare, ma nel frattempo, gli squali restano lì.
E se qualcuno viene morso? Lui ti risponde: “Io vi avevo avvisati. Ho fatto la mia parte.”
Questo, è “Il Genio”. Perché non è un imbroglione. Non ti obbliga. Non ti raggira apertamente. Ti offre una narrativa alternativa in cui lui appare come il buono, mentre continua a fare quello che ha sempre fatto.
Non è demonizzo Instagram o i social (su Tik Tok avrei qualcosa da ridire), tutt’altro. Sono strumenti. Se usati con testa, ma secondo me bisogna capirne i meccanismi. Vedere oltre la superficie. Allenare quello sguardo critico che ci rende meno manipolabili.
E se il genio è anche comunicazione, narrazione, eleganza nel gestire le contraddizioni, allora sì: il premio va a loro.
Chapeau.
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